Chi Sono
Ernesto Jannini è un artista e teorico, pittore e performer. Per alcuni anni è stato attore con la Libera Scena Ensemble di Gennaro Vitiello. È stato invitato due volte alla Biennale di Venezia e in numerose esposizioni nazionali e internazionali. Collabora con diverse riviste d’arte, tra cui Juliet, Exibart, Artestetica, Sdefinizioni. Vive e lavora a Milano
 

Biografia

Ernesto Jannini è nato a Napoli il 22 ottobre 1950 vicinissimo al Bosco di Capodimonte, parco straordinario e vero polmone verde, noto per la reggia borbonica e la sua eccezionale Pinacoteca. Fin da piccolo Jannini frequenta questa straordinaria raccolta di capolavori, trovandosi al cospetto di Brughel, Tiziano, Caravaggio, Raffaello e tutta la pittura dell’ottocento napoletano con Mancini, Gigante, Pitloo, i quali costituiscono il primo fondamentale impatto emotivo nei confronti dell’arte, una prima eccezionale scuola di formazione artistica.

Terminati gli studi al Liceo Artistico Jannini s’iscrive alla Facoltà d’Architettura che frequenta per due anni seguendo i corsi di Aldo Loris Rossi. In quegli stessi anni, tramite l’architetto Leonardo Rossi conosce Riccardo Dalisi, docente della cattedra di archittettura. La didattica di Dalisi diventa per Jannini una scuola insostituibile, un percorso formativo ricco di scoperte. Dalisi propone agli studenti percorsi curricolari eccentrici, fuori da ogni protocollo. Jannini entra in questi gruppi per sperimentare nuovi modi di fare ricerca; penetra con coraggio nei quartieri del sottoproletariato della periferia e da inizio ad un laboratorio creativo basato sull’ utilizzo di materiali poveri, e di una tecnica povera, come andava teorizzando Dalisi in quegli anni sulle pagine di Casabella.

Dopo due anni abbandona la Facoltà d’Architettura e s'iscrive al corso di Pittura all’Accademia di Belle Arti. Segue i corsi in maniera irregolare poiché si dedica al teatro di Gennaro Vitiello, incontrato nello studio di Dalisi nel 1971. Vitiello, personalità dalla forte sensibilità e profonda cultura teatrale e letteraria da origine alla Libera Scena Ensemble, gruppo di teatro sperimentale che lo porterà a girare per l’Italia e l’Europa.

Vitiello applica magistralmente la maieutica grotowschiana. Tra le case dei pescatori, a Torre del Greco, avviano uno dei laboratori di teatro sperimentale tra i più all’avanguardia d’Italia. Organizzano un festival internazionale di teatro in collaborazione con il Teatro di Varsavia; producono oggetti scenici disegni e scritti. Vitiello traduce dal tedesco l’Empedocle di Holderlin, messo in scena con scenografie realizzate dallo stesso Dalisi.Lo spettacolo è presentato nei teatri di Germania e Polonia, e in Italia, tra cui il Teatro Grande negli scavi di Pompei, il Teatrino di Corte a Palazzo Reale di Napoli, a Salerno, Palermo. Vitiello mette in scena altri due spettacoli: l’Urfaust di W. Goehte e Un matrimonio di interesse di F.G. Lorca. Siamo agli inizi degli anni settanta e agli inizi di quella politica culturale del decentramento che porterà, in un crescendo continuo, la creatività degli artisti dai grandi centri alle periferie, in quei piccoli paesi della Campania che più avanti saranno tragicamente segnati dal terremoto.

Contemporaneamente al teatro Jannini non trascura di elaborare un suo particolare linguaggio plastico, utilizzando stoffe, vecchie calze, cortecce, barattoli, posate; e l’urgenza di dare spazio e far crescere le sue personali idee lo porterà a lasciare il teatro per dedicarsi completamente agli studi di Pittura. Nel corso dell’ultimo anno d’Accademia, insieme a Marta Alleonato, Silvio Merlino, Annamaria Jodice, Claudio Massini, Roberto Vidali, costituisce il gruppo degli Ambulanti con il quale partecipa alla Quadriennale di Roma del 1975 e alla Biennale di Venezia del 1976. Sono gli anni in cui gli artisti lasciano gli studi per dedicarsi ad un contatto diretto con la gente, attraverso performance singole e azioni di gruppo, oppure con appening coinvolgenti e fortemente provocatori.

Alla Biennale del 1976 Jannini si presenta all’interno dei Giardini Napoleonici con una scultura ambulante fatta di vimini e stoffe coloratissime a forma di pesce: una strana maschera con la quale passeggia per Venezia provocando curiosità tra la gente.

Nel 1978, insieme a Silvio Merlino, viene invitato dalla galleria Pari e Dispari di Rosanna Chiessi, di Cavriago di Reggio Emilia, a partecipare al Festival di performances, musica e poesia. Rosanna Chiessi, autentica esploratrice dei più significativi talenti internazionali, propone in quegli anni incontri con artisti e musicisti americani ed europei. Jannini e Merlino incontrano Giuseppe Desiato, Joe Jones, Bob Watts, Charlotte Moorman, Giuseppe Chiari, Geoff Hendricks, Luigi Mainolfi e tanti altri, in una atmosfera festosa e ricca di discussioni e spunti creativi.Il mitico cortile della Chiessi diventa il luogo di performance e d'interventi irripetibili, come del resto il teatrino Dante di Cavriago.

Jannini assembla una enorme pila di scatoloni e con essa insieme a Merlino, trasformato in uomo-uccello, si aggira per Cavriago.

Nel 1979 partecipa insieme agli Ambulanti alla Biennale di Gubbio curata da Enrico Crispolti. Nella Piazza dei Consoli installa una porta del gioco del calcio che fa da cornice ad un rituale ermetico e surreale.

Nell'agosto del 1980 si conclude il ciclo napoletano. L'artista, nella piazzetta antistante al Museo Archeologico, mette in atto una delle sue ultime performance coinvolgendo la gente in un ermetico Gioco dell’equilibrio.

Como

Nel 1980 Jannini lascia Napoli mentre il suo grande atelier di Capodimonte viene distrutto da un gigantesco incendio.

Si sposta a Como e poi in provincia, a Lurate Caccivio. È invitato in Austria, a Linz, a partecipare al Festival Textilgestaltung dove si presenta con una installazione realizzata con centinaia di triangoli colorati, gli stessi che, in una precedente esposizione, aveva collocato nella piazza S. Fedele di Como. È del 1982 l’altro spettacolare intervento sui vetri di una scuola pubblica di Olgiate Comasco: un'immagine magica che si staglia nella sera richiamando una moltitudine di persone, un intero paese in festa.

Dal 1984 al 1987 inizia il ciclo dei cosiddetti Scudi. L'artista crea strutture leggerissime e forti con i vimini, che piega e modella con il fuoco, e su di esse tende stoffe dilatanti che imprime di sabbia e colla.

Nel 1987 si trasferisce a Milano e apre lo studio nell’ex galleria di Franco Toselli, in via De Castillia. Nello stesso anno viene invitato da Franz Paludetto alla mostra Equinozio d'autunno, a Rivara. La mostra raduna artisti di varie tendenze e s’ inaugura il giorno del suo matrimonio con Elena Rigotti. Partecipa alla mostra con i suoi grandi scudi, Le Ombre dei Padri, attualmente di proprietà del GAM di Gallarate.

Dal 1988 in poi incomincia a subire il fascino di nuovi materiali e di nuovi oggetti che entrano prepotentemente nelle sue nuove composizioni. Passa giornate intere a smontare pezzi di componenti elettroniche, di schede e microchips che trova all’ interno di macchine fotocopiatrici e computers in disuso nei cimiteri dell’elettronica che costellano la grande metropoli. Jannini si appropria di isolatori di porcellana, di cavi elettrici, di semafori, di bobine, e li assembla in lavori di notevoli dimensioni. Ad Auronzo di Cadore, alla mostra Koinè a nord est, curata da Boris Brollo, presenta tre gerle gigantesche, colme di farina, alla cui sommità troneggiano enigmatiche forme simboliche: una installazione carica di forza espressiva che segna il passaggio al nuovo ciclo degli Anninovanta.

Milano

Nel 1990, segnalato da Renato Barilli, partecipa alla Biennale di Venezia: Aperto 90. Alle Corderie spiccano i lavori di J. Koons, K. Noland, A. Bicherton, W. Delvoy e il Gran Foury. Jannini presenta un’installazione di forte impatto emotivo sul tema di Cartesio, di Mogli, personaggio del libro di Kipling, e alcuni primi lavori ispirati al tema dei Nidi di rondine.

Renato Barilli, commissario per la sezione italiana, in catalogo, teorizza il concetto di ‘barocco freddo’, riferendosi al clima generale che si respira in quegli anni, concludendo il suo lungo exscursus teorico su Abate, Arienti, Jannini, Cavenago.

Nello stesso anno, presentato in catalogo da Gabriele Perretta espone un'ampia selezione di lavori alla galleria Noacco di Chieri. Nel 1991partecipa ad Anninovanta, mostra curata da Renato Barilli nelle sedi di Rimini, Bologna, Cattolica.

Nel 1992 tiene una personale alla galleria De Zaal di Delft, in Olanda. Nel 1993 porta a maturazione il tema dei Nidi di rondine, già esposti alla Biennale di Venezia del 1990. Sempre nello stesso anno partecipa alla mostra Rentrèe, ad Ancona.(2)

Nel 1996 insieme all’artista Giulio Calegari dà vita al Convegno Convergenze: Arte - Scienza . È il punto d’inizio per un laboratorio permanente indirizzato ad una approfondita ricerca tra artisti sui temi più scottanti delle diverse discipline.

Nel corso di tutti gli anni novanta il lavoro di Jannini subisce una sorta d’illimpidimento concettuale, come testimoniano, pur nella loro voluminosità le installazioni esposte alla galleria La Giarina di Verona nel 1996 nella mostra Four rooms (Pesca notturna a Juan Les Pins) e a Torino alla Promotrice nel 1997, alla mostra Và pensiero curata da Edoardo Di Mauro (Panchina Cavour).

Nel 2000 vince il Premio d’ Arte Lissone con l’opera Well!Now help to get out of the wood, realizzata con un suggestivo manto di microcircuiti e silicone.

Nel 2001, alla mostra Paradiso perduto curata da Maurizio Sciaccaluga presso la galleria La Giarina di Verona espone piccole opere costituite da frutta artificiale, in parte tagliata, che nascondono all’interno un filamentoso reticolo dei microcircuiti.

Nel 2002 partecipa ad Una Babele postmoderna, curata da Edoardo Di Mauro negli spazi del Palazzo Pigorini e nella galleria S. Lodovico di Parma. L’artista espone una lunga enigmatica passerella di microcircuiti illuminati e ispirata al celebre quadro di Manet: Le dejeuner sur l’herbe. Jannini segna le estremità di questo segmento di luce verde con una mela tagliata, il cui interno è anch’esso invaso dalla tecnologia, ed un bastone dei non vedenti.

Nel 2004 gli viene dedicata una importante Antologica al MAGA di Gallarate.

Nel 2006 collabora con il Teatro Arsenale di Milano progettando la scenografia per lo spettacolo Per farla finita col giudizio di dio di Antonin Artaud (regia di Annig Raimondi, in scena con Riccardo Magherini e Yumi Seto, video di Virginio Liberti e musiche di Maurizio Pisati) andato in scena dal 16 novembre al 17 dicembre.

Nel 2009 con il Teatro Pacta degli Arsenali realizza le scenografie di Beatrice Cenci di Alberto Moravia, con regia di Annig Raimondi. Con la stessa compagnia s’impegna nella messa in scena delle scenografie di “Aristofane in Blue” con la regia di Maurizio Pisati.

Nel 2009 presenta una nuova Antologica al Castel dell'Ovo di Napoli curata da Gabriele Perretta e nel 2011 partecipa ad “Un'altra storia: arte in Italia dagli anni ottanta agli anni zero” curata da E. Di Mauro. Con Andrea Gorla della Mediago Film realizza il video Bellini presentato nel 2013 a Step 09 nella Fabbrica del Vapore di Milano.

Nei recentissimi lavori, intitolati Migrazioni nostalgiche, e con le pitture sul tema dei “Cani”, siamo di fronte ad immagini calibrate, che tendono ad un equilibrio tra ironia e sentimento e che costituiscono un’apertura verso il territorio del racconto e degli orizzonti figurativi.

È autore di numerosi saggi. Collabora con le riviste d'arte Juliet Art, Exibart, Sdefinizioni, Artestetica, Hidalgo.

Vive e lavora a Milano autore di numerosi saggi. Collabora con le riviste d'arte Juliet Art, Exibart, Sdefinizioni, Artestetica, Hidalgo.

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